lunedì 19 febbraio 2007

POCHI CARRI...MA DAVVERO BUONI!

La popolazione paullese e limitrofa era praticamente tutta in strada e in piazza domenica 18 febbraio, in un primo pomeriggio soleggiato e denso di allegria. L’occasione di ritrovo è stata la sfilata dei carri allegorici di carnevale per le vie principali del paese, organizzata dai rioni cittadini. Una pausa di allegria genuina davvero sentita e partecipata che è diventata ormai da anni un atteso appuntamento.
Quest’anno purtroppo i carri erano solo quattro, ma tutti molto simpatici e divertenti. Niente di particolarmente elaborato o tecnologico, per carità, ma sicuramente frutto di un lavoro impegnativo e ben organizzato. Grazie ai fantasiosi organizzatori e ai concentrati partecipanti, lo spettacolo è stato esilarante. Non è mancato il pittoresco contorno di mascherine scorazzanti e piogge di stelle filanti e coriandoli, e l’irresistibile coro con orchestra (quest’anno una parodia “alcolizzata” del celebre “Kasacioff”) di quegli artisti dello sghignazzo che si raggruppano nel Club degli Amici.
Apriva la rassegna il carro dei “Tiro…paullesi” del rione San Tarcisio, una sarabanda folk-paesana di cappelli di feltro e vestiti tipicamente montanari con boccalone di birra di rito; seguiva il carro della parrocchia, con odalische luccicanti che danzavano su ritmi demenzial-indiani al seguito di un maestoso Maharaja (così si scrive) bianco-oro vestito. “La primavera la riva” con farfallone ad ali spiegate, carro di San Giovanni Bosco, inondava di spumeggiante vitalità con una fiumana di insetti coloratissimi e fatine fluo-tecno.
Due personaggi sbalorditivi hanno fatto sbellicare dalle risate i migliaia di presenti grandi e piccini: il prete mascherato, un’ape alta quasi due metri (paura!), e una Primavera “simil-botticelliana” interpretata da un noto personaggio oratoriano, con parrucca bionda e abito dorato letteralmente ricoperto da mazzi di fiori finti variopinti. Ultimo, ma sempre per finire in bellezza, il carro dei Kasacioff, omoni sorprendentemente alti (che avessero i trampoli?) con parruccone, colbacco e veste rossa fino ai piedi, che, con studiata serietà e una coreografia degna del Bolscioj, cantavano “Vò a ca ciucc, la vodka la me speta…”. Come tradizione, chiusura con l’inno paullese “Viva Peder de luganegh!”.
Peccato, è tutto finito così in fretta! Ma la densità del divertimento è stata davvero alta! Arrivederci al prossimo carnevale!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Good words.