venerdì 16 marzo 2007

UN BACIO A GILDA

Basta una corsa imprevista a spezzare una vita in boccio.
E stroncare speranze e sogni. Chissà quali, chissà quanti. Quelli che Gilda, solo dieci anni e tanta vivacità, ha abbandonato in una sera di marzo sulla curva della via Milano. Un grave incidente, la corsa all’ospedale, gli interventi chirurgici nel tentativo disperato di farla riemergere dalla notte che l’aveva avvolta e che non l’ha più lasciata. Dieci giorni di agonia e poi Gilda se ne è andata. Il miracolo che grandi e bambini supplicavano non è arrivato. Nel frattempo, una gara continua di solidarietà, di attenzioni e di affetto. Tutto un paese toccato nel vivo da un avvenimento tanto grave. Soprattutto i bambini, con domande ingenue e pensieri affettuosi, e le loro mamme, vicine nel cuore e nella generosità, alla mamma toccata dalla tragedia più grande. Le sue maestre, che sicuramente hanno dovuto gestire una situazione di angoscia e pena in classe. Il sacerdote, che ha accompagnato e seguito con delicatezza il calvario della famiglia e ha impartito il Battesimo a Gilda in sala rianimazione. E poi, tante, tante persone anonime, che nemmeno conoscevano la bimba, hanno sperato e pregato per lei, che ce la facesse, che tornasse a casa, che potesse continuare a sorridere. Non è stato così. E, in una splendida giornata di sole, tutti hanno accompagnato Gilda nel suo ultimo viaggio. Nella cappella dell’oratorio, dove la piccola bara bianca è stata portata, un via vai di gente. La foto di una ragazzina bellissima, con un sorriso raggiante. Tanti fiori bianchi e i disegni dei compagni. Mamma Luisa mai sola. Per strada, una moltitudine di gente bianca e nera, sussurri italiani e spagnoli intrecciati in un destino comune. Tutti che condividono un dolore pesante come un macigno, con grande dignità. Anche se era arrivata solo l’anno scorso dall’Ecuador, Gilda era ormai una paullese, una dei nostri. E poi, il grande affettuoso abbraccio finale della comunità, commossa, lacerata nel cuore e profondamente vicina allo strazio dei suoi cari. E a quello di chi guidava la macchina quella sera maledetta. Un’altra vita segnata dal dolore. La chiesa stipata, lacrime e lacrime, e parole toccanti e vere, terribilmente vere di chi ha condiviso davvero la pena. Sgorgate dal cuore, senza retorica, senza melensaggine. Quando è il profondo che parla non si può far altro che ascoltare e riflettere. Forse capire che ogni attimo di vita è davvero un dono prezioso. Che vale la pena spenderlo per il bene. E che la morte è ineluttabile, ma non può privarci di tutto. Che l’amore rimane. Anche se questa vita è poco più di un soffio. Che è destinato però a diventare una brezza eterna. E nella luce di quella giornata che resterà nella memoria dei paullesi, mi piace pensare che Gilda si sia messa a rincorrere le farfalle per i prati spaziosi del Cielo, e che abbia guardato un po’ stupita il lungo corteo al cimitero e la disperazione della sua mamma. Che le abbia sorriso e le abbia mandato un bacio. Anche noi tutti te lo mandiamo, Gilda, ricordati che ti vogliamo sempre bene.

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